sabato 12 marzo 2011

Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg

Il 6 giugno del 1944 il Capitano John Miller (in realtà un comune docente delle scuole superiori, ma preso come capitano) effettua lo sbarco a Omaha Beach insieme ai suoi uomini. Qui se la devono vedere contro i tedeschi in un micidiale combattimento a fuoco.
Finito l’interminabile scontro il generale George Marshall, comandante di tutta l’armata americana, ordina a Miller e ai suoi uomini di andare alla ricerca e di trovare il soldato Francis Ryan, dopo aver appreso che la famiglia Ryan ha già perduto tre figli e che non vuole perdere anche il quarto.
Questi si è paracadutato per errore in Normandia, oltre le linee nemiche.    
                                    
Quando verrà trovato, se sarà trovato, dovrà far ritorno a casa. Il capitano e i suoi protetti saranno costretti ad una ricerca estenuante, ai limiti dello stress e della sfiducia, fino a portarli al ritrovo di loro stessi… quando si dice che la guerra è fatta per far perdere le orme di se stessi, questo film ha una risvolta al contrario. Il fatto di cercare il soldato Ryan è un escamotage, anzi, una figura retorica. Ryan è visto come una meta, una linea che dopo averla oltrepassata segnerà per Miller e i suoi compagni la fine della guerra (anche se loro lo capiranno solo quando ormai sarà sopraggiunta la fine). Ryan più come persona è inteso come un oggetto, come una coppa da vincere.. e i nostri eroi la vinceranno, perché è così che deve andare in un buon film americano di guerra che si rispetti.
Francis Ryan “assumerà” un aspetto umano solo alla fine del film, quando ormai sono passati decenni e lui è diventato anziano. Sulla tomba dell’eroe che ha fatto di tutto per ritrovarlo, il capitano Miller, si domanda se si sia veramente meritato di restare vivo in quella guerra e soprattutto in quelle battaglie che hanno segnato per sempre la storia della guerra, dell’America e soprattutto dell’intera umanità. Ne rimarrà soltanto una bandiera americana a stelle e strisce, grigia e buia, quasi consumata, che sventola piano piano.
Questo è un dramma bellico d’alto rango, di incredibile pregio, che lo si può dividere in 3 atti:
1. lo sbarco in Normandia. La guerra vista come carneficina e caos ( i primi 24 minuti forse sono quelli più acclamati della storia del cinema, mai creato uno sbarco con un pathos così intenso, così simbolico, è perfetto!.. e da vedere e sentire più volte! )
2. La ricerca di Ryan. Forse un po’ troppo convenzionale e già vista su più piani, ma è ricca di problemi, di questioni che non portano a una risposta precisa.
3. La battaglia nel paesino di Ramelle. E’ un finale d’alto cinema. Una squadra che lotta allo stremo per tenere in vita Ryan, il simbolo della libertà, ed un ponte, che è il segno della fraternità e dell’amicizia che tiene legato più paesi.
Film di grande impatto e di enorme bellezza, soprattutto tecnicamente, ma anche pieno di stereotipi, come è consueto nei film di Hollywood… e guai se non lo fosse.
Nordamerica e Francia mai realizzate in questo modo: i tedeschi nemici fino a prova contraria e la Francia di un vuoto incredibile. Il tutto diventa di un nostalgico pazzesco.
Questo può effettivamente definirsi un film DI guerra. E’ differente da “La sottile linea rossa”, quello è SULLA guerra. Non è nemmeno paragonabile all’ottimo “Full metal jacket” di Kubrick e neanche al mio avviso scarso “Apocalypse Now”  di Coppola.
5 Oscar meritatissimi (e forse anche troppo pochi): regia (Spielberg di un’incredibile creatività ed incisività, magistrale fino a prova contraria), fotografia (Janusz Kaminski, la migliore di sempre), Montaggio (Michael Kahn, eccezionale), suono e montaggio sonoro (Gary Rydstrom, di una bravura immensa). Da evidenziare anche la grande bravura di Tom Hanks nei panni del capitano Miller. Per l’Oscar del’99 dopo Roberto Benigni (La vita è bella) e Edward Norton (American History X) veniva subito lui…. Anche se forse doveva vincerlo Jim Carrey per “The Truman Show” che non fu nominato inspiegabilmente.
E’ decisamente un film made in U.S.A, ma con un fascino straordinario, un’epopea incredibile, che non può fare a meno di essere il maggiore film di guerra di tutti i tempi.

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