venerdì 28 gennaio 2011

La vita è bella di Roberto Benigni

Questa è la vicenda, o forse è meglio dire la triste favola, di Guido Orefice, un cameriere toscano ed ebreo che sul finire degli anni ’30 incontra Dora, una maestrina del paese, e se ne innamora perdutamente a prima vista. Lui tenta in tutti i modi di conquistarla, facendosi credere un personaggio borghese, arrivando anche a essere ridicolo in molte occasioni, ma efficace, come nell’occasione della scuola dove lei insegna. Lui è ossessionante nei suoi confronti, anche se la tratta in modo assai garbato, proprio come una vera “principessa”, e alla fine riesce ad avere il suo cuore. 
Il film è diviso in due parti, questa era la prima: una storia d’amore che la si potrebbe definire proprio all’italiana: dolce, sensibile, troppo romantica, un amore cercato, voluto e raggiunto, dove l’uomo può essere paragonato a quello rinascimentale, che si umilia e si autodistrugge per profanare il cuore della bella donna amata.
E il galantuomo che davvero ama riesce sempre a ottenere ciò che vuole, o quasi.
La seconda parte è triste, tragica, perché racconta di un fatto triste della vita, la parte più triste dell’esistenza umana: la seconda guerra mondiale e i campi di sterminio.
Guido e Dora hanno un figlio, Giosuè, di 6 anni, e se lo godono con tutte la loro energia e passione.                                                                  

In questo intervallo di tempo però sono arrivate anche lo scoppio della guerra, le leggi razziali del 1938 e quindi le deportazioni. Come detto prima Guido è ebreo, di conseguenza anche suo figlio. 
Così sono chiamati dai nazisti a salire su un treno con destinazione i campi di concentramento.                                                  

Dora per non staccarsi dalle due persone a lei più care decide di salire su quel treno che religiosamente non le appartiene. Arrivano, il bambino è ignaro di qualunque pericolo, anche perché il padre e lo zio gli fanno credere che è un gioco a premi, con in palio un carro armato se si arriva a totalizzare mille punti.                        
Il bambino arriva alla fine del gioco, trovandosi davanti un carro armato statunitense che crede di aver vinto. Il soldato lo fa salire, fanno un giro e Giosuè per strada ritrova sua madre, che alla fine resta la sua più grande vittoria in questo gioco devastante. Guido non arriva ai mille punti.
E’ un film a dir poco straordinario, probabilmente tra i primi tre che l’Italia si mai stata capace di sfornare dalla propria cinematografia.
Importante anche per i temi che affronta: son due film in uno, prima vi si tratta dell’amore tra uomo e donna, poi dell’odio tra razze. Comunque sia, la prima parte spiega e giustifica la seconda.     
             Il tutto è nettamente separato per ambientazioni, toni, luci e colori, con una straordinaria fotografia del leggendario direttore Tonino Delli Colli, divenuto celebre insieme a Fellini.
Roberto Benigni è diventato una star al 100% con questo film, che segna la sua sesta regia dopo lungometraggi di buon calibro, ma non fantastici, come “Il piccolo diavolo”, “Johnny Stecchino” e "Il mostro".    
                 
E’ decisamente un film da Oscar: vince ben tre statuette su sette nomination per il Miglior film straniero (ovviamente aggiungerei), Attore protagonista a Benigni (ed è una vittoria sensazionale per lui e per il nostro paese) e per la Colonna sonora indimenticabile di Nicola Piovani.                                                   Fu nominato anche per Miglior film, Regia di Benigni, Sceneggiatura (scritta a quattro mani dal comico toscano Vincenzo Cerami) e il Montaggio.                                                                                                         

Vince anche 5 Nastri d’Argento, che ormai hanno più prestigio dei David di Donatello.
Nella televisione italiana questo film registra un record: E’ il film più visto in RAI (anche se credo che ultimamente sia stato superato), visto su Rai 1 il 22/10/2001 con 16.080.000 spettatori, prima de “Il nome della rosa” e “Rambo 2 – la vendetta”.      
                                                                                 
Fino ad ora rimane il film più amato e più riconosciuto all’estero, e soprattutto in America.                     
C’è da segnalare che questo capolavoro fu girato nel ‘97, proiettato nel ‘98, e premiato da tutti nel ’99. Dopo di questo nebbia, come quella che si vede quando Guido, nei campi di concentramento, tenta di creare un approccio musicale con Dora che le è lontana. Ci vuole amore e passione. 

3 commenti:

  1. carino, ma decisamente sopravvalutato. Per certi veris ho preferito "La tigre e la neve", anche se ambedue le pellicole hanno lo stesso principale difetto: prendersi troppo sul serio.
    Benigni è un genio con le commedie, ma per il resto deve darsi una regolata.

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  2. Perché sopravvalutato? Non capisco, mi par logico che si prenda troppo sul serio con un tema tragico come quello dell'antisemitismo..

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  3. nel senso che Benigni qui sembra particolarmente intenzionato a fare il 'capolavoro a tutti i costi', riuscendovi solo in una parte moderata (quella iniziale per me). Da quel punto di vista si rpende troppo sul serio, scadendo anche nel ridicolo quando si passa nella parte nei campi di concentramento, con momenti di rara melansaggine cinematografica

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